La Via del Viet Tai Chi, la Voce dei Maestri. Maestra Anna Campo

Maestra Anna Campo

Perché ha scelto questa disciplina?

Quando ho cominciato anni fa, non c’erano tante discipline come adesso, oltre ai soliti corsi che le palestre offrivano. È stato un caso guidato dal destino. Come ogni anno a settembre la scelta era cosa faccio? Che corso scelgo? Andavo a nuoto, ma era più un problema per il fattore dell’acqua, l’acqua dal punto di vista energetico mi sfiniva, non mi dava energia, mi stancava troppo e influiva anche nella attività lavorativa del giorno dopo. L’estate prima avevo visto una dimostrazione di arti marziali, di quello che pensavo fosse Tai Chi, invece era un’altra disciplina Ba Qua, con ampi movimenti circolari e mi era piaciuta. Poi a settembre una mia amica mi disse che il maestro di arti marziali di suo figlio apriva un corso di Viet Tai Chi in una palestra; così andammo a fare la lezione di prova e fu amore a prima vista.

In che modo il Viet Tai Chi ha influito nel modo di rapportarsi alla vita di tutti i giorni?

I primi anni non saltavo mai una lezione. Andavo ogni mercoledì regolarmente. Lavoravo a Verona, tornavo e prendevo la macchina e andavo dal maestro. I primi anni non mi sono resa conto dei cambiamenti. Era il 1993. Dal punto di vista energetico ho smesso di essere freddolosa. L’altra cosa è stata ritrovare la leggerezza alle gambe, date da una posizione di sedentarietà per tutto il giorno. Quello fu proprio un toccasana per il mio fisico. Dal punto di vista mentale è stato il fatto di avere un maestro che ti cambia (io non sono mai stata una che ama essere autodidatta, mettermi a fare una disciplina da sola non è la stessa cosa), trovo che la magia dell’insegnamento sia dare quello che sai a qualcun altro. Se tu insegni bene una cosa, fai amare la materia a qualsiasi persona a cui insegni. Avere un maestro è stato un percorso passato attraverso tanti insegnanti di generi diversi: insegnanti a scuola, istruttori di nuoto, professori all’università; invece il Viet Tai Chi ti impone di aver un Maestro. All’inizio davo del tu a Bao Lan. Quando ho iniziato lo chiamavo Lan, e aveva solo qualche anno più di me; e poi ad un certo punto, mi sono resa conto che non potevo più chiamarlo per nome. Ero arrivata ad un punto in cui ho avuto una crescita interiore e mi sono resa conto della grandezza del maestro Bao Lan, e della disciplina che stavo imparando. È un rapporto diverso, un rispetto che deve essere mantenuto anche mediante una certa distanza. Anche se il maestro dice sempre: siamo in famiglia, non si è amici. È come il rapporto tra padre e figlio, non puoi essere amico. Sono d’accordo col maestro Bao Lan quando dice: “la gente non ha bisogno di amici, ma di maestri. Gli amici li trovi dappertutto. Il maestro è una persona che ti mostra la via, che ti dice come fare, che ti aiuta, che ha fiducia in te e nelle tue possibilità”. I miei allievi mi chiamavano maestra già da prima che diventassi maestra, è lo stesso atteggiamento che avevo io con il maestro Bao Lan. Il maestro è una cosa preziosa, quando lo trovi bisogna tenerselo.

In che modo il movimento fisico influisce sulla mente, la modifica e la arricchisce?

Il movimento influisce sulla mente moltissimo. Mente e corpo sono collegati. Se il corpo è elastico e fluido, anche la mente lo è. Se ti stai concentrando sul movimento, ti concentri anche di testa. Il movimento in tutte le discipline ha degli effetti anche dopo tre quattro lezioni; ti senti più fluido, più forte, acquisisci fiducia in te stesso, la testa si smuove. Ma c’è molto di più, nel Viet Tai Chi come in tutte le arti marziali, esiste il passaggio successivo, si imparano delle cose che non pensavi di essere in grado di fare, le puoi migliorare, quindi la mente trova più fiducia nella capacità di imparare, e questo crea più sicurezza e disinvoltura in tutte le cose nella vita. Si crea l’autostima. Passi un esame, una prova, diventi più forte e sicuro di te. La disciplina è tutto, ti aiuta sempre. Il fatto di andare in palestra anche se a volte non hai voglia o sei stanco, ma senti la disciplina dentro di te e ci vai lo stesso.

La consapevolezza e percezione delle forme dal primo anno a ora come sono mutate?

Cambia tutto. Cambia come fai una vecchia forma, e a volte può cambiare tecnicamente in peggio (se hai problemi fisici). Sono trent’anni che faccio Viet Tai Chi, ed e chiaro che a volte rinunci a delle prestazioni atletiche, pero senti di più i movimenti, li capisci e li vivi in modo diverso e cambia come vivi quella forma con una nuova maturità. La consapevolezza delle vecchie forme ti fa imparare in maniera diversa quelle nuove. Diventa così una capacità di leggere e di avere le chiavi di lettura; poi io non sono una persona di quelle che hanno fin da subito sentito il Dan Dien, l’energia interna, c’è voluto del tempo per sentire questa cosa. Io non la sento sempre. In certi momenti la sento, in altri faccio la forma in maniera più atletica; non puoi essere centrata in tutto sempre, pero certe volte ti si apre uno spiraglio di luce, certe volte un pensiero, certe volte anche il vuoto. Cioè ho fatto una forma e non ho pensato a nulla, oppure ho una sensazione stranissima, quasi come una meditazione… Ma non ci si arriva subito, serve del tempo. Ci sono tanti gradi.

Quale e quanto e il tempo per la pratica odierna?

Non si può vivere senza Tai chi. Me ne accorgo durante il periodo estivo, In agosto faccio meno Tai chi, ma non sto mai senza fare pratica per più di una settimana. Faccio Tai Chi sia da insegnante e da praticante. Farlo come allieva è diverso che farlo come insegnante. Fare Viet Tai Chi durane la lezioni che tieni tu non e la stessa cosa che farlo per te. Non rinuncio mai alle mie occasioni in cui praticare come allieva, e vado dal Maestro Bao Lan tutti i mercoledì, vado al corso istruttori e faccio tutti gli stage, ed è quello che mi mantiene il livello di allieva di praticante vera di Tai Chi, perché quando lo fai da insegnante è diverso, lo mostri ma non lo pratichi.

Ci sono stati dei momenti in cui la stanchezza e la vita di tutti i giorni hanno preso il sopravvento sulla pratica?

Si ma molto pochi e contingentati. Io non ho mai pensato “sono stanco e non vado in palestra”, le rare volte in cui è successo, è stato perché ero davvero stanchissima, e certe volte son andata anche con dei malesseri fisici perché poi una volta che se lì e inizi a praticare, ti passa. Da allieva è successo raramente che perdessi delle lezioni; mentre come insegnante non manco mai, a meno che non vi siano degli impedimenti gravi.

Come trasmettere la gioia e l’arricchimento del bagaglio alle persone per fargli provare il Viet Tai Chi?

Bao Phale mi raccontava che molti anni fa c’erano delle persone giù in segreteria che chiedevano informazioni sui corsi. Il Maestro mi disse di andare e spiegare loro in cosa consisteva il Viet Tai Chi. Phale si ricorda che quando spiegavo le cose parlavo solamente di giorni e orari, ma i miei occhi brillavano. Quando parli del Viet Tai Chi, se lo ami, la gente lo percepisce. Puoi dire mille cose, che ti farà trovare l’equilibrio, ti farà sentire più bello, più fluido… Ma alla fine, quando tu ne parli, se lo ami, in quel momento dici la cosa giusta che è diversa per ognuno. C’è chi vuole sentirsi dire che starà bene, chi lo tirerà fuori da un momento infelice, chi pensa alla parte sociale del gruppo, chi crede “è una disciplina per me per staccare”. Una delle mie prime impressioni che mi ha fatto innamorare della palestra Bao Lan è stato proprio il silenzio. Non c’era musica, non si parlava mai, neanche il maestro. Non ci si salutava a voce, solo con un cenno lungo le scale. Non parlava neanche il maestro, dava solo i comandi in vietnamita. Quindi questo silenzio rispetto alle palestre piene di rumore, di musica, di gente, di attrezzi che sbattono a terra, mi faceva sentire proprio felice.

In che modo l ‘occidente si apre all’oriente attraverso la pratica del viet tai chi e viceversa?

Il VTC è nato per aprire la pratica orientale all’occidente. E’ proprio lo scopo del VTC. Il Maestro Phan Hoang ha deciso che doveva creare una scuola di VTC che fosse aperta alle necessita dell’occidente. Quindi imparare delle cose un poco più facilmente, avere delle spiegazioni teoriche per far capire qualcosa, ma non troppo, in modo da invogliare le persone a comprendere questo mondo strano, mettere insieme subito la mitologia, la filosofia i poemi, la medicina, così che si avesse una idea che tutto fosse collegato e fosse percepibile da tutti, e non fosse criptica come il Tai Chi Chuan. Il VTC aveva questa cosa, all’inizio ci è stato insegnato da un maestro che praticava arti marziali con principi orientali, e anche dagli istruttori che venivano dal mondo del Viet Vo Dao; quindi tutti zitti, molto marziali, il gruppetto spaurito di noi nuovi che facevamo Viet Tai Chi da zero. Eravamo quattro, cinque, guardavamo questo modo di fare e ci piaceva, però non potevamo immaginare che ci fosse un’alternativa, per noi era quello, ed è stato quello in tutti i suoi cambiamenti, tutte le sue modifiche; e quando ci sono state, non ce ne siamo neanche resi conto. All’inizio non chiedevo nulla, in quel contesto non si poteva fare domande. Si provava, si guardava e si faceva. Nonostante la mia propensione a fare domande, siamo andati avanti così per molti anni, quindi il mio contributo al Viet Tai Chi fu quello di chiedere a Bao Lan: “maestro non potremmo creare delle dispense con tutti gli appunti raccolti negli anni, in modo che tutto questo non venga perso?” Quando parlava Bao Lan io prendevo appunti; quando il maestro Phan Hoang spiegava io scrivevo tutto, quindi avevamo un bel po’ di materiale e la mia idea fu quella di cominciare a mettere giù qualcosa. Poi chiesi al maestro di fare delle foto delle posizioni; allora presi la mia macchina vecchissima che caricava il flash lentamente e il maestro stava li in posa con infinita pazienza, ed abbiamo fatto tutte le foto delle forme in programma.

Il popolo del Viet Tai Chi è un popolo di adulti, e il popolo di adulti è più indisciplinato dei ragazzi che cominciano a fare arti marziali fin da bambini. Le signore che sono venute dopo avevano una certa età, con una certa disinvoltura, non conoscevano le arti marziali, erano un po’ chiacchierone, quindi pian piano il maestro si è più aperto verso di noi allievi “indisciplinati”, l’oriente che si apre all’occidente, e noi abbiamo imparato di più l’arte dell’ascolto, l’occidente che si apre all’oriente. Parlare poco, guardare aspettare, e fare poche domande al maestro; aspettare che prendesse lui l’iniziativa. Anche per fare una domanda e aspettare una risposta c’erano dei tempi da aspettare, a volte facevo la domanda e mi rispondeva dopo tre, quattro lezioni.

Quali sono i doveri degli allievi verso i maestri e viceversa?

Il dovere da parte di entrambi si riassume in una parola, responsabilità. Responsabilità di essere allievo e di essere un maestro. Dalla responsabilità nascono tutti i doveri che tu ti imponi. Perché nessuno ti impone dei doveri. Come allievi avete la responsabilità di esserci. Non possiamo noi maestri venirvi a prendere a casa e portarvi in palestra, ma quando siete in palestra ci occupiamo di voi… Però voi dovere venire. Non esserci per qualsiasi motivo anche giustificato è comunque un guaio. Bisogna pensare che è una cosa brutta non esserci, certo la vita a volte ti crea delle difficoltà, degli impegni, ma tu devi sentire la responsabilità di esserci. Se il maestro si gira e incontra il tuo sguardo, lui è lì per te, e devi onorare questa cosa.

Dalla responsabilità nasce la fiducia. Se lui non ti insegna una cosa oggi, vuol dire che non è il momento, sa lui quando è il momento di insegnartela. Bisogna avere fiducia nel proprio maestro, e la fiducia si rinnova ogni volta che vai a lezione. Il concetto è esserci. Seguire e fare quello che ti dice il maestro, e praticare nella misura in cui puoi, una o due volte alla settimana. Quando il maestro capisce la frequenza con cui vieni in palestra, si regola sul tuo insegnamento. Tu allievo, devi darmi il modo di agire con gli strumenti che ho pensato per te.

E come maestra gli impegni diventano diversi perché la responsabilità che si ha nei confronti degli allievi diventa anche responsabilità nei confronti della federazione VTC Italia.

Anche quando sei istruttore rappresenti il VTC, sia nel lato tecnico che sociale. La responsabilità di essere maestro è totale; Il percorso nel VTC non è mai breve, si pratica per anni e si va avanti, mentre sei allievo pensi, faccio Viet Tai Chi e vado avanti, non pensi di smettere dopo un anno, certo a volte succede che qualcuno smetta dopo il primo anno ma si pensa sempre di andare avanti. Quando sei maestro sai che devi andare avanti, non puoi tirarti indietro. I maestri che smettono di essere maestri e abbandonano l’attività creano un lutto a livello tecnico, emotivo, morale, sociale e federale gravissimo. E’ una responsabilità enorme. A questo punto sorge la domanda, ma uno si sente legato mani e piedi? No, non è quello e una questione di responsabilità. Quando avrò 80 anni non farò quello che faccio ora, ma non potrò dire Sparirò… I maestri che spariscono perché vengono a mancare, lasciano un vuoto terribile, però sai che hanno fatto il loro percorso… Ma i maestri che abbandonano l’attività, e chiudono i corsi, le palestre e non si fanno più vedere dai loro allievi, creano veramente sofferenza. Gli allievi non si capacitano di come il loro maestro abbia deciso di abbandonare l’insegnamento; non si possono abbandonare gli allievi. Un maestro non abbandona mai i propri allievi. L’abbandono è sempre una cosa bruttissima, sia da maestro che da istruttore. Conosco gente i cui istruttori hanno chiuso i loro corsi da un momento all’altro, e sono ancora lì scioccati. Chiedendosi perché.

Quale massima o citazione propria o altrui?

La mia massima nel VTC è: coltivare l’energia per elevarsi, essere forti per essere utili. Queste frasi create nelle arti marziali mi hanno sempre aiutato. Però mutano con l’andare degli anni. La cosa che più mi attira nel mondo è cercare la bellezza, e nel VTC ce n’è tantissima. La bellezza secondo me è una cosa importantissima, che è stata vilipesa nel tempo, perché si crede che la bellezza non sia tutto, che sia superficiale ma non è cosi, non è mai superficiale, nasce da una capacità di allenamento, di forza di volontà interiore, dall’armonia; nasce da un substrato veramente profondo, quindi per me è “coltivare la bellezza” la frase che più mi rappresenta.

Quando un allievo capisce che è il momento di fare un esame?

Non lo capisci tu, te lo dice il maestro. Certuni sono pronti fin da subito, anche da dopo tre lezioni. Ci sono animali da esami, persone che amano fare esami, che si mettono alla prova continuamente, amano essere giudicati. Mi ricordo che all’università i miei compagni mi dicevano, domani provo a fare l’esame, e io rispondevo, ma se sono tre mesi che mi preparo e non mi sento pronta come vorrei, come puoi provare e buttarti allo sbaraglio?

Quello che devi fare è aver fiducia nel tuo maestro, essere giudicato da lui. Il tuo maestro ti dice sei pronta per fare l’esame, e lo fai. Il maestro ha fiducia in te, ti conosce. Non è che ha delle aspettative della serie se non fai l’esame rimane deluso, lui sa che puoi fare l’esame. Quando il mio maestro mi ha detto che ero pronta a far l’esame, io l’ho fatto. Io ho persone che stanno studiano per fare esame di IV Dang, sono stata uno dei primi istruttori/maestri che ha portato le persone a fare il III Dang. Dipende solo dalla mia età, avendo resistito nell’insegnamento e dalla perseveranza degli allievi. È una soddisfazione quando i tuoi allievi che fanno il primo anno, poi il secondo fino al I Dang, la prima tesi, e li porti a fare un percorso così bello fino al III Dang, poi li porti al IV Dang lasciandoli in mano al maestro Bao Lan, perché devono fare il percorso con lui per diventare maestri. È veramente una soddisfazione pazzesca per me. Ma se uno mi dice io non me la sento, mi dispiace perché sono convinta che l’allievo potrebbe farlo, se poi conveniamo insieme che non è il momento giusto per altri motivi, lo capisco, ma se io penso che sia pronto o sarà pronta e mi dice no, ci sto male. Ci sono istruttori che sono molti più categorici di me, o così o niente. A me non è mai servito, i miei allievi si sono sempre comportati benissimo per gli esami. Sono felice quando un allievo mi dice, si maestra voglio fare l’esame sono pronta; poi alla fine mi ringraziano e sono felici a loro volta di averlo superato.

Un aneddoto come maestra e come allieva.

Tendenzialmente i maestri non dicono ai loro allievi che vanno a fare gli esami, ogni tanto Bao lan andava a fare gli esami senza che noi sapessimo e appariva un VI Dang, un VII Dang, un VIII Dang… Il maestro non dice ai suoi allievi che va a fare gli esami, non vuole che stiano in apprensione per lui e che si preoccupino. Quando ho fatto il V Dang, i miei allievi lo hanno saputo perché eravamo allo stage insieme. Al martedì, durante l’orario del corso di armi serale, si presentarono tutti i miei allievi, sia quelli della mattina che quelli della sera, e mi fecero una bella festa a sorpresa regalandomi quella targa appesa al muro. É stata una sorpresa bellissima.

Mentre come allieva di Bao Lan, ricordo questa cosa. Il maestro fa una domanda su Sinh Lo, che significa Cammino della vita, ma che tipo di cammino si tratta? Ed io a voce bassa rispondo (perché lascio che siano gli allievi e gli istruttori a rispondere) e dico: “il cammino di tutti i giorni”, e lui dice, “si chi l‘ha detto?” (non avendo riconosciuto la mia voce) e dico “io maestro” e lui, e “vabbè la Anna non vale, lei è Hoang Van” (la bella letteratura)

Aggiungi ai preferiti : permalink.

I commenti sono chiusi.