La Via del Viet Tai Chi, la Voce dei Maestri. GM Bao Lan

G.M. Bao Lan

Perché ha scelto questa disciplina?

E’ una domanda che meriterebbe una risposta molto complessa, ma posso affermare che sia stato il Viet Tai Chi a scegliere me. Io nasco come Viet vo Dao, ed ho sempre amato tutte le discipline marziali.  Guardavo un po’ al Tai Chi con curiosità; vedere quelle persone che si muovevano lentamente alla ricerca delle energie mi faceva pensare: ma cosa si prova a fare dei movimenti così diversi da quelli del Viet vo dao? Un giorno il mio maestro Phan Hoang negli anni 90, tornato da un lungo periodo di meditazione, mi disse “guarda che presento questa cosa che è fantastica e va oltre le arti marziali; è un movimento che mira alla salute e alla pace tra gli uomini. Una fusione tra le antiche arti marziali tradizionali vietnamite e quelle di altre discipline, si chiama Viet tai chi”. Questo creò in me una grande curiosità, anche perché ciò che viene dal tuo maestro, lo devi accettare e crederci. Poi, devo dire che il tempo che ho cominciato a dedicare al Viet Tai Chi è cresciuto sempre di più, diventando prima alla pari e poi superiore a quello che dedicavo al Viet Vo Dao.  Questa cosa di scoprire me stesso mi affascinava, non c’erano le acrobazie del Viet vo dao o l’agonismo. Nel Viet Tai Chi sei con te stesso e grazie a questo, ho scoperto la parte sconosciuta di me, l’energia interna.

In che modo il Viet Tai Chi influisce nella vita di tutti i giorni?

Ricordo che una volta dissi a mia moglie “sono dieci anni che non mi ammalo più, nessun raffreddore, influenza, mal di gola. Prima all’inizio dell’inverno mi ammalavo sempre di qualcosa”; e lei disse che erano appunto dieci anni che praticavo il Viet Tai Chi; allora pensai che dicevo sempre ai miei allievi quanto bene facesse il Viet Tai Chi, ma non mi ero reso conto che questo valeva pure per me.  Il Vie Tai Chi mi ha cambiato tantissimo, mi sento più forte fisicamente ed energicamente, e riesco a fare delle cose che prima non riuscivo a fare nel Viet vo dao.  Questa sensazione di benessere sia fisico che mentale, mi accompagna tutto il giorno e sto bene con me stesso. Poi negli anni ho conosciuto altre persone nel Viet Tai Chi, ed ho avuto molti scambi culturali, che mi hanno arricchito profondamente e andavano a completare le mie ricerche nelle arte marziali.

Quale e quanto è il tempo da dedicare alla pratica?

Quando uno diventa istruttore di Viet Tai Chi, come minimo lo dovrebbe praticare ogni giorno, almeno 30, 40 minuti.  Poi dipende dalla disponibilità che uno ha; ma se non si riesce ad avere spazio e tempo, bisogna fare lavorare la mente, anche alla fermata dell’autobus.  Si ripassa mentalmente la forma da fare, e si respira bene. Non bisogna aspettare di andare in palestra per respirare bene, bisogna farlo tutti i giorni.

In che modo il movimento fisico influisce sulla mente e la arricchisce?

Il corpo influenza la mente, in quanto la mente influenza il corpo. Alcune volte si parte dal corpo per arrivare alla mente, e altre si parte dalla mente per arrivare al corpo.

Faccio un esempio di come lo troviamo evidenziato anche nei poemi delle forme, come il fiume e l’acqua.  Il fiume scorre attraverso gli argini, ma serve l’argine forte per contenere la forza dell’acqua altrimenti finirebbe per straripare allagando i campi. Ci vuole un corpo forte per avere la mente serena e viceversa, ci vuole una mente ferma per avere il corpo sciolto. A volte usiamo la mente per condizionare il corpo. Ad esempio se io penso: questa sera non mi sento bene e non vado in palestra, ma faccio uno sforzo e vado in palestra, poi quando esco dalla palestra sto meglio e mi sento più sereno, con la mente libera. Se fossi rimasto a casa avrei sentito ancora di più lo stato di malessere, sia a livello fisico che mentale; ecco perché la mente influenza il corpo. Ho usato la volontà contro il malessere del mio corpo, ma poi il movimento fisico ha contribuito a farmi sentire bene.

Come trasmettere la voglia di praticare il Viet Tai Chi a chi si approccia per la prima volta a questa disciplina?

Non esiste la parola giusta, le persone sono tutte diverse. Ma se una persona viene in palestra lo fa perché è alla ricerca di qualcosa, e vuole una risposta. Dicendo la verità a volte non si può accontentare la persona, ma non bisogna illuderla. Se uno cerca una attività per dimagrire o una attività trascendentale non posso dirgli, ci sarà tanto e tanto da fare, quindi potrebbe demotivarsi. A volte le persone vengono in palestra e insistono per parlare con il maestro. Poi quando mi chiamano dico alla persona, signora come sta? Bene? La signora mi dice di sì e io le dico, allora può cominciare anche domani. Non dico niente di diverso da quello che hanno detto in segreteria, ma ognuno di noi ha bisogno di trovare la propria motivazione; quella signora aveva bisogno di vedere la mia serenità e l’accoglienza. Una persona cerca un buon insegnante per diventare un buon allievo.  Qualsiasi cosa dici ad una persona che si iscrive in palestra, devi essere sincero, non si può promettere la luna. Gli orientali dicono che maestri e allievi si sono già conosciuti. Una teoria dice che: molte vite, molti maestri. Il maestro come karma deve rinascere per continuare nella sua missione dell’insegnamento.  Succede che a volte gli allievi scelgano il proprio insegnante perché era destino.

In che modo l’oriente si apre all’occidente attraverso la pratica del Viet Tai Chi e viceversa?

Quando sono venuto in Italia non avevo questo sogno così grande. Il mio obbiettivo era insegnare qualcosa per essere utile alle persone, e fare conoscere un po’ della cultura del mio popolo.  Poi mi sono reso conto che in Italia c’era una ricca cultura e una grande tradizione religiosa e filosofica, quindi sono stato molto attento e molto prudente a non introdurre la cultura orientale nell’insegnamento delle arti marziali. Ho scoperto poi che ci sono molti italiani che apprezzano la cultura orientale, e sono aperti alle nostre tradizioni con la voglia di conoscerle. Quarant’anni fa le lezioni le facevo in silenzio. Un giorno ho trovato un allievo a cui avevo insegnato la pratica molti anni prima, e lui mi disse “maestro mi ricordo i suoi insegnamenti, ho imparato tanto come lezioni di vita”. Ed io gli chiesi “cosa ti ricordi di quello che ti ho insegnato?” E lui disse “silenzio e lavora, e poi ricomincia!”.  È così semplice d’altronde, se il corpo e la mente non vengono azzerate, non si va da nessuna parte. Così, all’inizio spiegavo poco e facevo lavorare tanto; poi mi sono reso conto che le persone volevano saperne di più ed ho cominciato ad introdurre anche la teoria.

La consapevolezza e la percezione delle forme dal primo anno ad oggi come sono mutate?

Il Viet Tai Chi è una disciplina in continua evoluzione. Mentre gli altri sono chiusi in una pratica che non evolve, noi siamo sempre in crescita per migliorare e perfezionare. Quando il maestro Phan Hoang aveva iniziato non era come adesso; non avevamo neanche un programma. Lui ad ogni stage ci presentava una forma, il Tinh mat, poi il Phi dieu, il Luc Diệu, ed ogni volta cambiava qualcosa perfezionandola. Poi me la faceva eseguire e diceva “adesso fate come l’ha fatta Bao Lan.”; allora ho capito che lui non ci stava insegnando come fare quella forma in maniera definitiva, ma ci stava insegnando un “concetto”. Dal concetto si possono creare tante tecniche, ma non viceversa.  Oggi allo stage abbiamo imparato come fare la forma Bàt khì con il ventaglio, o con la spada, oppure con il bastone. Le forme possono essere modificabili sia con le mani nude che con le armi. L’importante è non cambiare il “concetto” che il Maestro Phan Hoang ci ha insegnato, ma questo lo puoi fare solo con il Viet Tai Chi, non con le altre discipline.

Quando si capisce di essere pronti per affrontare un esame?

Praticamente mai. Si è pronti quando te lo dice il tuo maestro, e ti dice vai a fare l’esame. Il vero allievo non si sente mai pronto. Un vero allievo si sente sempre insicuro, perché spera che potrebbe perfezionarsi e migliorare di più. È il maestro che sa quale livello può arrivare l’allievo. Ad esempio, una forma perfetta è un livello dieci. Se un allievo al massimo arriva ad otto, o a cinque, quello sarà il suo limite, ma a quel punto deve fare l’esame perché la sua fisicità e preparazione non potranno andare oltre; ma l’allievo questo non riesce a prevederlo, altrimenti sarebbe già il maestro di se stesso. L’allievo ha bisogno che sia il suo maestro a dirgli di fare l’esame.

Ci sono stati dei momenti in cui la stanchezza e la vita lavorativa di tutti i giorni hanno preso il sopravvento sulla pratica?

Si, questo tutti i giorni. La vita è frenetica perché si fanno talmente tante cose nella stessa giornata, e a volte si sente la stanchezza, e di conseguenza si pensa che non si ha la forza per praticare, ma è un pensiero molto umano che ci rende un po’ imperfetti, ed è giusto che sia così; ma non ho mai pensato di lasciare la pratica del Viet Tai Chi. Nemmeno nei momenti più brutti della mia vita, e ne ho avuti tanti. Sono andato in palestra e ho indossato il kimono con il cuore infranto, volevo piangere ma sono andato avanti facendo la lezione agli allievi fino alla fine.  Ho sempre vinto anche contro il dolore, e sono andato in palestra; non ho mai chiuso me stesso. Il vero maestro vive e muore in palestra.

Quali sono i doveri degli allievi verso i maestri e viceversa?

Se parliamo di regolamento sarebbe infinito, ci sono tantissime cose, la lealtà, la devozione, la generosità, la fiducia; ma penso che si possa riassumere in poche parole. La cosa più importante è il Rispetto. Il rispetto verso il maestro, e verso l’allievo. La seconda parola è Amore, perché veramente devi amare i tuoi allievi. il migliore allievo è il tuo. Se l’allievo ti ha scelto devi essere grato per questo. Molte volte gli allievi pensano, ma il maestro ha così tanti allievi, chissà se pensa anche a me. Invece un vero maestro, ha sempre un angolo nel cuore per ogni allievo.  Questo è molto importante, perché l ‘allievo deve sentire che è qualcuno, non è solo un numero; ma anche il maestro deve sentire questa devozione nei propri confronti, perché succede che il maestro si senta trascurato dagli allievi.  Certo la disciplina impone sempre il distacco di ruolo. A volte mi è successo che prima di entrare in palestra un allievo mi dicesse che suo padre stava molto male, poi durante l’allenamento lo ripresi perché non faceva bene la tecnica.  L’allievo in quel momento non capiva che io ero il suo maestro, e che come tale stavo correggendo degli errori, ma questo non significava che io non fossi dispiaciuto per la sua vita. Il distacco nell’insegnamento è necessario.

Ha una massima o una citazione propria o altrui?

Una volta un mio caro amico fraterno che faceva il maestro e che ora non c’è più, mi disse “Sai Bao Lan, quando ero giovane insegnavo per cercare di cambiare la gente, adesso io insegno perché la gente non cambi me.”

Questo è importante. Quando vai in palestra tu trasmetti le cose, magari non cambi le persone, ma in quel momento vivi il Viet Tai Chi anche per te stesso, per non farti cambiare.  Per questo Il maestro non deve mai dire ad un allievo “ma io con tutto quello che ho fatto per te”.  Il maestro insegna il Viet Tai Chi all’allievo, ma lo fa anche per sé stesso. Quando uno insegna impara.

Io dico sempre “non devi arrenderti mai”, perché così nulla ti cambia. Tu non cambi il mondo, ma il mondo non cambia te.

Essere te stesso, è la cosa più grande e importante.

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