La Via del Viet Tai Chi, La Voce dei Maestri. Maestro Claudio Beducci

Maestro Claudio Beducci

Perché ha scelto questa disciplina?

Ho cominciato facendo Viet Vo Dao con il maestro Bao Lan e dopo pochi mesi, il maestro ha proposto i corsi di Viet Tai Chi  e ho pensato che sarebbe stato un  bellissimo complemento  a quello che stavo già facendo. Alla fine ho scelto il Viet Tai Chi.  Il Viet Vo Dao era più impegnativo per motivi di tempo più che altro, ma per un po’ li ho praticati tutti e due.  Devo dire che entrambe le discipline sono molto belle, ma nel Viet Tai Chi viene approfondita di più la parte filosofica e questa è stata la cosa decisiva nella scelta.

In che modo il VTC influisce nella maniera di rapportarsi alla vita di tutti i giorni?

Influisce tantissimo; di base dà un approccio più sereno e consapevole a ciò che ci sta intorno. Quello che viene insegnato con la filosofia del VTC parte dall’atteggiamento umano, alle varie trasformazioni di ciò che succede con l’uomo e l’ambiente. Se uno piano piano cerca di capire come succedono le cose, riesce a trovare delle soluzioni per risolverle o accettarle.  La cosa importante è arrivare ad una flessibilità mentale per trovare delle soluzioni alternative.  La flessibilità mentale deriva dalla pratica l dopo un po’ di tempo. La ricerca di una flessibilità fisica conduce alla ricerca di una flessibilità mentale. Si imparano a fare delle cose a livello fisico, che prima non si credeva di poter fare, quindi di riflesso si possono ottenere dei risultati a livello mentale, trovando altre vie.

Quando si capisce di essere pronti per un esame?

Si capisce di essere pronti quando si riesce a sapere bene la forma senza avere grandi dubbi: cioè riesco a fare e finire la forma senza fermarmi, anche nei punti che mi mettono più in difficoltà; e poi applicandosi nello studio: non si può sapere tutto, ma si deve sapere abbastanza.  Diciamo che si vorrebbe che un praticante arrivasse ad un certo livello, sapendo bene la forma, ma senza la pretesa che la si sappia alla perfezione, perché anche la forma ha bisogno sempre di ulteriore tempo per essere sedimentata e migliorata successivamente negli anni a venire.

Quale e quanto è il tempo per la pratica quotidiana?

La pratica dovrebbe essere quotidiana anche in piccola parte.  Sappiamo che avendo un lavoro, una famiglia, non si riesce a fare Tai Chi tutti i giorni per molto tempo, però almeno fare degli esercizi, anche dieci minuti al giorno. Poi la cosa più importante è la sostenibilità. Se faccio Tai chi perché mi piace e riesco a sostenere degli allenamenti va bene, si cerca di fare in modo che ci sia una costante nel tempo che si dedica.  Se non si ha tempo a disposizione ci si focalizza di più sui passaggi che non ci vengono bene in palestra, in modo di acquisire più pratica e scioltezza. Abbiamo visto negli anni che chi si allena extra palestra anche per poco tempo, ottiene più risultati poi nel lavoro in palestra.

In che modo il movimento fisico influisce sulla mente e la arricchisce?

Muoversi fa star bene. Quando ci si muove è difficile essere di cattivo umore. Il rilascio delle endorfine dopo l’attività fisica, ti predispone al benessere e al buon umore. In tutte le arti marziali, riuscire a fare delle cose più difficili, induce la mente a capire che si possono fare delle cose cha vanno più in là dei nostri limiti, quindi di conseguenza la mente può spingersi può essere arricchita. Se riesco a far un km di corsa senza avere il fiatone, quando prima camminavo, capisco che posso spingermi più in là anche in altri campi mentali, come imparare un nuovo programma al computer, o fare la tesi, è un buon allenamento. Il corpo e la mente vanno allenati. Noi parliamo sempre di pedagogia, ma nel nostro caso dovremmo parlare di andrologia, di insegnamento agli adulti, che è diverso di quello ai bambini, che sono più malleabili rispetto agli adulti.

La consapevolezza e propriocezione delle forme dal primo anno ad oggi come sono mutate?

Per la consapevolezza del movimento, mi rendo conto che adesso riesco a sentire tutto il movimento: gambe, torace, braccia, testa, respiro, percependo tutto il corpo, vedendolo e sentendolo. Da un certo punto di vista diventa più automatico rispetto all’inizio, perché si impara; mentre dall’altro punto di vista diventa meno automatico perché ogni movimento è più consapevole.

Come dire per incuriosire le persone ad intraprendere questa disciplina?

Se le persone vengono in palestra è perché in qualche modo sono già invogliate a fare una attività fisica. Se si fermano al parco a guardare gli allenamenti all’aperto, è perché hanno già un interesse, un piccolo seme dentro. Abbiamo cercato di chiamare il Tai Chi in molti modi, ma è sempre difficile. Si può dire ginnastica dolce, meditazione in movimento, arti marziali morbide, ma niente rende l’idea. Diciamo che la migliore cosa è provare. Quando si ha l’occasione di parlare di questa disciplina a chi non la conosce, è proprio il modo di porsi mentre se ne parla. Se una persona è equilibrata grazie al VTC, lo si vedrà dal modo in cui affronta l’argomento.

Ci sono stati dei momenti in cui la stanchezza e la vita di tutti i giorni hanno preso il sopravvento sulla pratica?

Il Viet Tai Chi quando entra nel sangue, rimane. Ci possono essere dei singoli momenti di stanchezza o impegni che possono far saltare una lezione o degli eventi della vita che non si possono spostare. Le volte in cui eravamo stanchi dal punto di vista psicofisico, abbiamo sempre tenuto duro e siamo andati avanti nell’insegnamento e nella pratica del Viet Tai Chi i, perché alla fine della lezione si sta meglio e ci si sente ricaricati. La cosa che fa più male è vedere istruttori con dei gradi alti smettere di insegnare e praticare. Un maestro rimane tale anche se non pratica

Quali sono i doveri degli allievi verso i maestri e viceversa dei maestri verso gli allievi?

Il maestro nei confronti degli allievi ha il dovere di essere presente e di impegnarsi in maniera costante nell’insegnamento, di dedicarsi completamente agli allievi. Deve pensare a come apprendono gli allievi, e capire perché se un allievo non riesce a fare determinate cose, deve cambiare metodo di insegnamento?

Se l’allievo non apprende, devo essere io un bravo maestro a tirare fuori quello che può fare, vedere dove sono le sue potenzialità ed insistere su quello. Il Maestro Phan Hoang mette l’allievo al centro.

Gli allievi devono avere fiducia nel maestro che gli sta insegnando quello per cui lui è andato al suo corso. Poi il rispetto per il Maestro è fondamentale sempre. L’allievo deve stare attento agli insegnamenti del maestro, perché in quel momento lui si sta spendendo per loro. L’allievo se non capisce qualcosa ha il diritto/ bisogno di fare delle domande per capire meglio, anzi deve farle sia al suo maestro e ad altri maestri che può incontrare durante gli stage. Bisogna vincere questa ritrosia nel fare le domande.

In che modo l’occidente si apre all’oriente attraverso la pratica del VTC e viceversa?

il Maestro Phon Huang ha avuto l’ottima idea di creare un metodo diverso della pratica, in modo che gli occidentali potessero approcciarsi al Viet Tai Chi in maniera più facile, perché gli insegnamenti tradizionali orientali, per noi sono un po’ complicati: sono molto lenti, presuppongono un certo approccio con i maestri, una fiducia illimitata.  Noi abbiamo invece un modo diverso.  All’occidentale medio, prima gli si spiegano le cose, dopo le si fanno fare. L’orientale invece, fa delle cose senza chiedersi perché le sta facendo e poi con il tempo gliele si spiegano.  Ci sono stati dei maestri in America di altri stili, che hanno seguito questo metodo, evidentemente è quello migliore. I Maestri orientali si sono aperti di più verso di noi, ma noi avevamo il bisogno di avere il modo giusto. Anche il maestro Bao Lan nel corso degli anni ha cambiato metodo.

Un aneddoto come allievo e come maestro.

Ho questo ricordo. Quando ero istruttore, durante la consegna del mio nome in vietnamita, il maestro Phan Hoang mi chiama, ed io corro  mettendomi dietro a lui aspettando che si girasse verso di me, ma non si gira.  Poi vedo che il maestro mi guarda si mette a sorridere, e li ho capito che ero io a dovermi mettere davanti verso di lui e non viceversa il maestro verso di me.

Un altro ricordo molto bello, fu quando stavo facendo il Dai lao, Phan Hoang passando mi corresse la posizione delle dita e mi disse: “Devi essere più determinato” e io l’ho guardato come a dire: ma perché più determinato? E lui vedendo il mio sguardo interrogativo mi disse: “Devi essere più determinato non nella forma, ma nella vita. Questa cosa mi fece riflettere molto.

Ha una massima o una citazione propria o altrui?

La parola che più mi ha accompagnato in questi anni è “Cambiamento”. Le cose cambiano e si evolvono, e bisogna trovare il lato positivo in questo. Non possiamo più essere quelli di ieri, ma saremo quelli di domani, quindi il cambiamento deve volgere in positivo sempre.

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